I Morticani

Spettacolo

I MORTICANI

Lettura scenica di Francesco Maino e gli Eroi

con:
Francesco Maino (parole)
Tommaso Mantelli (elettroniche)
Paolo Brusò (chitarra)
Marco Maschietto (visioni).

Durata: 1 ora

Per informazioni sullo spettacolo scrivere a: info@morticani.it

Un penalista dell’entroterra veneziano si trova ricoverato, all’acme d’una crisi maniacale, in un reparto psichiatrico dell’Ospedale Diffuso di Zona.

Il nome del legale è Alfonso Della Marca, un ex patrizio che usa il proprio patrimonio come reddito. Dalla stanza ove si trova ristretto, per guadagnarsi la libertà, dissimulando normalità, fornisce la sua versione dell’Alcesti al medico di turno (che finge d’ascoltarlo). Ad attenderlo, fuori, quando sarà il momento opportuno: l’autista di fiducia, un perdigiorno spatentato che vivacchia di frodi e piccole estorsioni.

Il Della Marca dimora a Fava sul Dose, una delle 563 città-diffuse di quel Veenetken governato dall’Imperatore Mantecato, sua ossessione.

Alcesti alias Marcella Toffoletto è morta o forse no. Nessuno si è immolato per lei, né il suocero (cav. Battista D’Elia) né il marito (Adamo): li ritroveremo, quei due maschi irrisolti, per bocca dell’hidalgo, a rinfacciarsi le reciproche viltà.

L’unico momento di serenità Alcesti lo vive a Corfù, in sogno, ospite improbabile al matrimonio di una vecchia compagna d’università.

L’enigmatico reading termina con le dimissioni del legale, con il suo ritorno a casa: lì verrà addormentato dalla figlioletta Hannah, di quattro anni, allorquando gli uomini sulla Terra saranno esauriti e ci sarà spazio solo per animali e bamboline.

La tragedia della vita ricomincia più necessaria e superflua di prima.

 

Sinossi dell’Alcesti di Euripide

Alcesti di Iolco, figlia di Pelia, sposa Admeto, re di Fere.

Matrimonio felice, casa, figli, cani, salute, benessere economico, consenso popolare.

Senza motivo, il dio del black jack decide di dar la morte al re Admeto.

Disastro!

Primo colpo di scena: un dio (Apollo), suo ex dipendente, interviene in soccorso di Admeto, truffa le Moire, le convince a farlo salvo a patto che il maggiorente di Fere (Tessaglia) trovi una pedina disposta a metterci la faccia, cioè la vita in suo luogo. Il volontario, è ovvio, non si trova, neanche tra i parenti meno serpenti del re o gli affini più cretini.

A immolarsi è la moglie Alcesti, consacrata per sempre: eroina.

Giunge, dunque, Thanatos, puntuale, a fare il lavoro sporco, se la piglia, la conduce con sé nelle tenebre a km-zero. Lutto. Funerali pubblici. Cremazione. Tre lune di piagnistei.

Secondo colpo di scena: suona il campanello a palazzo. Eracle, vecchio amico di Admeto, è giunto, per caso, a scroccargli una pasta, una birra, un letto. Il giorno appresso partirà per la Tracia (ad affrontare la dodicesima fatica).

Non si rende conto del funestamento in corso, nessuno lo avvisa (e ciò per ordine del re), lo lasciano essere sé stesso: uno spaccone; lui fa di tutto per farsi notare, si sbronza balla abbaia e sbraca. Alla fine, però capisce, e per farsi perdonare premia l’ospitalità del vecchio amico, colpito da duro lutto; quindi, discende in Ade, spacca le costole a Thanatos, riportando tra i vivi, Alcesti, l’ottima.

Fine della storia. Commozione. Titoli di coda. Ritrovata serenità. Prudenti applausi.